La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 53 del 18 marzo 2016, torna a pronunciarsi sulla cancellazione della società dal registro delle imprese (v., in precedenza, Corte Cost., ordinanza n. 198 del 17 luglio 2013), dichiarando, anche in questa occasione, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2495, secondo comma, del codice civile, «nella parte in cui prevede, a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, l’estinzione della società, precludendo in tal modo l’esercizio in giudizio di diritti meritevoli di tutela» sollevata – in riferimento agli artt. 3, 24 e 117, primo comma, della Costituzione – dal Giudice monocratico del Tribunale ordinario di Torino, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 9 gennaio 2015.
In conclusione, secondo la Corte, la formulazione dell’art. 2495, c.c., risponde ad una scelta di politica legislativa la cui conformazione è riservata all’ampia discrezionalità del legislatore col solo limite (non superato nella specie) della manifesta irragionevolezza (ordinanze n. 240 e n. 174 del 2012).
Inoltre, anche in questa occasione, come già nell’ordinanza del 2013, la Corte esclude che il petitum – volto ad ottenere la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 2495, c.c., «nella parte in cui prevede, a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, l’estinzione dalla società, precludendo in tal modo l’esercizio in giudizio di diritti meritevoli di tutela» – possa configurarsi come soluzione costituzionalmente imposta, in considerazione della variegata configurabilità delle possibili ricadute della pronuncia sulla disciplina de qua.